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  1. Le arancine vergare

    mercoledì 28 novembre 2012


    Ieri pomeriggio al lavoro, chiacchierando con una collega:
    -Sai, domani ho a pranzo un po' di persone che posso preparare?-
    -Io stamattina ho fatto le arancine, sono venute una vera bomba!-
    -E che cosa sono?-
    -Le arancine, le arancine, sai, beh, le chiamano così nella Sicilia occidentale e... Senò anche arancini, dalle altre parti...-
    -.....-
    -Ma sì.... Sai.. I supplì, no? Le crocchette di riso...-
    -Ah, non so', mai mangiate... Hai una fantasia tu.. Ma dove le trovi tutte queste ricette...?
    -E' una storia lunga...-
    Ma io dico, come si fà a vivere senza sapere dell'esistenza di questo cibo divino?????

    Dalle nostre parti, non è che ci sia un grande tradizione di cibo da passeggio, almeno oggi. 
    Una volta lungo le vie principali, c'erano questi chioschetti che odoravano di arrosto, e vendevano solo panini con le spuntature, che non sono le costine di maiale come nel resto dell'Italia, ma le budelline del vitello da latte, pulite, marinate e cotte sulla brace. Io me le ricordo, eccome. Oggi non esistono più, per motivi igienico-sanitari, e anche se nelle macellerie si trovano ancora, farle a casa non è mica la stessa cosa...
    Crescendo poi, con gli amici si andava a La Chiusa a farci fare i panini con il ciauscolo per le scampagnate, entravi in questo minuscolo alimentari saturo dell' odore intenso di salami e prosciutti appesi in ogni dove, di rosette di pane fresco, di cose buone. E un buon litro di vino rosso, non ce lo prendiamo? Chiunque abbia fatto un picnic degno di questo nome, nelle zone delle colline anconetane, è passato di lì.
    Rimanendo invece sul mare (perchè io sono sì Jesina di adozione, ma le mie origini sono "pesciarole", anconetana di Ancona), dagli anni 70', la tradizione vuole che dopo un pomeriggio passato allo struscio nel corso principale, ci si fermi al chiosco dei frutti di mare dalla signora Morena, moglie di un pescatore, che ancora oggi prepara   il pesce come una volta, ecco che dietro al bancone di vetro fanno capolino le crocette in potacchio, le seppie e i moscioli ripieni, le pannocchie al sugo, lo stoccafisso all'anconetana. "A portar via", o se il tempo lo permette, da gustare seduti nei tavolinetti, magari insieme a un buon vino bianco frizzante.
    Per sentire queste arancine davvero mie, ho voluto provare a metterci qualcosa che mi ricordasse la mia di strada, cibi che sono indissolubilmente legati alla tradizione, e che ogni anconetano o marchigiano conosce. 

    Per primo: il ciauscolo, o ciaiuscolo, emblema della regione Marche, nato nelle campagne del Maceratese, nei comuni dei Monti Sibillini. Si tratta di un salame di media grandezza fatto con una pasta rimacinata tre volte, con aggiunta di sale pepe aglio e vino bianco, insaccato in un budello gentile detto in dialetto ciausculu. Il suo nome deriverebbe però dal latino cibusculum, ossia "piccolo cibo" in quanto viene spesso consumato fresco semplicemente spalmato sulle fette di pane.

    Per secondo: Lo stoccafisso all'anconetana. In casa mia l'ho visto fare una volta sola, da mio padre, avevo forse 10 anni, ma me lo ricordo come fosse ieri. Si tratta di un piatto dal gusto moolto particolare, e anche se lo stoccafisso ha origini nordiche (stok = bastone e fish = pesce), i marchigiani l'hanno adottato con amore.
    In passato la fine della vendemmia era festeggiata dai proprietari terrieri (i VERGARI), con abbondanti banchetti la cui portata principale era proprio lo stoccafisso all' anconetana.
    Nel Maceratese invece aveva una funzione un po' diversa... Lo stoccafisso veniva offerto ai parenti che andavano ad accompagnare il morto. Infatti l'espressione ghj a magnà lo stoccofissu co le patate, significa andare al funerale di un parente. 
    E comunque mi racconta mia nonna, era un piatto povero dalle nostre parti. Lo stoccafisso costava poco, meno della carne e con le patate ci si sfamava una famiglia intera. 
    La stessa cosa non si può dire adesso. E' un cibo di lusso quasi...!
    Forse questa preparazione meritava un post a parte, ma sono contenta di avere avuto l'occasione di cucinarlo per un buon motivo!


    Foto di Al Chiosco Da Morena, Ancona
    Questa foto di Al Chiosco Da Morena è offerta da TripAdvisor.


    Spero di non avervi annoiato, io passerei alle ricette:

    le basi delle arancine di Pupaccena:

    Per il riso 
    1 kg di riso originario (alcuni usano il Roma)
    2,5 l circa di brodo vegetale (con carota, cipolla, sedano)
    una bustina di zafferano
    50 g di burro
    50 g di parmigiano grattugiato
    una cipolla medio-piccola
    olio evo q.b.
    sale q.b.

    Per la lega (ne resterà molta, ma occorre poter immergere bene l'arancina)
    800-900 ml d'acqua
    la metà di farina
    una manciata di sale

    Per la panatura (ne resterà molto anche qui) 
    700-800 g di pangrattato

    Per la frittura 
    3 l di olio di semi di mais (o comunque abbondante per poter friggere in olio profondo)

    "Il riso va preparato con qualche ora d'anticipo, perché al momento della preparazione delle arancine dev'essere ben freddo.
    Preparare il brodo vegetale con gli aromi. Una volta pronto, rimuovere la carota, il sedano e la cipolla di cottura e sciogliere lo zafferano nel brodo. Regolare di sale.
    In un tegame capiente, dare un giro abbondante di olio evo e fare appassire la cipolla tagliata finemente. Versare il riso e fare tostare un pochino. Versare nel tegame buona parte del brodo, non tutto in modo da poterne aggiungere all'occorrenza regolandosi in funzione del tipo di riso e della sua cottura. 
    Fermare la cottura quando il riso sarà al dente e si presenterà piuttosto compatto (ovvero non dev'essere cremoso come un tipico buon risotto!). Immergere il tegame nel lavello riempito d'acqua fredda (evitando che l'acqua entri all'interno) e mantecare con il burro e il parmigiano grattugiato. Se serve, per abbattere la temperatura ed evitare che il riso continui a cuocere, rinnovare l'acqua fredda dentro il lavello.
    Una volta tiepido, versare il riso dentro una teglia e lasciare da parte affinché raffreddi completamente. Poi coprire con carta d'alluminio e conservare in frigorifero per almeno 3-4 ore."

    Le mie varianti: 


    ARANCINE AL CIAUSCOLO E SCAMORZA AFFUMICATA

    x 500 g di riso

    150 g ciauscolo (o pasta di salsiccia o un altro salame morbido)
    50 g di mascarpone
    1o cubetti da 1,5 cm di scamorza affumicata

    Facilissimo: Frullare il ciauscolo e il mascarpone nel mixer, mettere una noce di ripieno al centro dell'arancina, mettere un cubo di scarmorza al centro del ripieno. Chiudere, passare nella lega, passare nel pangrattato friggere in ABBONDANTE olio di semi















    ARANCINE ALLO STOCCAFISSO ALL' ANCONETANA

    Ingredienti per circa 1 kg di stoccafisso (dopo aver fatto le arancine, ci sfamate ancora 4 persone!)

    1 kg. Stoccafisso già bagnato
    5 acciughe lavate e dissalate
    2 coste di sedano
    1 cipolla di media grandezza
    3 carote
    3 rametti di rosmarino
    1/2 etto di capperi dissalati
    1/3 di litro di vino Verdicchio dei Castelli di Jesi
    1 peperoncino (facoltativo)
    1 etto di olive nere
    1 kg. di pomodori maturi a grappolo
    1 kg. di patate
    1/2 litro di olio extra vergine di oliva
    sale q.b.
    Pulire lo stoccafisso togliendo la spina centrale, tagliarlo a pezzi e predisporli in una teglia dal bordo alto.
    Mixare sedano, carota, cipolla, capperi, acciughe e rosmarino e con la metà di questo trito condire lo stoccafisso, aggiungendo sale (non troppo) e circa mezzo litro di olio extra vergine di oliva. (so che sembra una pazzia, ma è una specie di cottura per immersione in olio, e lo stoccafisso non lo assorbe)
    Tagliare le patate a spicchi di media grandezza e metterle sopra lo strato di Stoccafisso fino a coprirlo totalmente.
    Condire il tutto con l’altra metà del trito rimasto, poco peperoncino tagliato sottile, sale, pomodori a pezzi qua e la, il vino Verdicchio, acqua fredda fino a coprire il tutto e olive nere.
    Lasciarlo cuocere a fuoco lento per circa 2 ore (30 min. sul gas e 1h30min. al forno convenzione a 130/140 gradi circa). Toglierlo dal fuoco e lasciarlo intiepidire lentamente.
    Il consiglio è servirlo 12 ore dopo la cottura.
    La ricetta prevedeva in passato di mettere uno strato di canne di bambù tra il fondo della teglia e lo Stoccafisso, per non farlo attaccare, ma si sà in tempi di antiaderente......
    Prelevare alcuni pezzi di stoccafisso, patate, pomodori, togliere il nocciolo alle olive, sfilacciare il pesce e unire tutto a formare una specie di ragù. Farcire le arancine, lega, pangrattato, olio di semi e via!

    Con questa ricetta partecipo all' MTC di novembre 












  2. 14 commenti:

    1. MTChallenge ha detto...

      Post da incorniciare, Giorgia, bello bello bellissimo. Sarà che Ancona è un'altra città di mare e quindi basta uno scorcio delle sue strade,dei suoi profumi, di quella vitalità tutta peculiare che anima le sue vie per innescare una serie di ricordi della mia Genova com'era- ma io mi sono proprio emozionata, nel leggere le tue righe.
      Sulla sceltadei ripieni, che dire? il ciauscolo è un'esperienza che NON andrebbe fatta :-), ma solo per tutelare la dignità degli altri salami :-). Da quando l'ho assaggiato, mi è cambiata laclassifica degli insaccati :-)
      Lo stoccafisso all'anconetana è un pezzo di storia. Noi lo abbiamo mangiato anni fa da Cedroni e ti lascio immaginare i mugolii di mio marito, ad ogni boccone. Ma le ricette di casa, mi intrigano ancora di più.
      Che dirti, se non grazie?

    2. Unknown ha detto...

      In realtà è anche merito vostro che con l' MTC ci date l'occasione di scavare in profondità sul significato che per noi ha preparare un piatto... E visto che questo excursus temporale è andato a buon fine, almeno quest'anno so' già cosa preparerò per la Vigilia... Eheheheh....! No, davvero, sono contenta che abbiate apprezzato!

    3. Pupaccena ha detto...

      mi hai portato in posti che non ho mai visto, ed è stato davvero un bel giro, con soste fatte di piccole abitudini quotidiane, di ricordi e di splendidi sapori. belle tutte e due le versioni, e bella anche la crosticina dorata.

      sai che da noi invece le budelline - di vitello e di agnello, e si chiamano stigghiole - si fanno ancora?... per strada e arrostite... e sennò come ce la davano la coccarda! ;)

      ciao!
      roberta

    4. Unknown ha detto...

      Stigghiole! Mai sentite!! Invece il mio ragazzo ancora si dispera che quest'estate quando siamo stati in vacanza in Sicilia non siamo riusciti ad arrivare a Palermo per trovare un posto dove mangiare il panino con la meuza.....! Prossima volta... Grazie dei complimenti Roberta...! Detto da te... :)

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